Mese: Giugno 2008 Page 1 of 3

XVII GulliveRock Festival

Anche quest'anno è passato!!

La Diciassettesima edizione del GulliveRock ha avuto luogo lo scorso Mercoledi e, come sempre, è stato un successo!

Difatti grazie al lavoro della maggior parte dei nostri soci abbiamo potuto organizzare l'ennesimo evento della nostra ventennale storia e abbiamo potuto regalare a tutti gli studenti una bella serata di musica e divertimento. In primis i gruppi spalla hanno tenuto un bel concerto e anche se l'ora non era delle piu adatte (19.45 – 21.45) il pubblico ha apprezzato con piacere l'ottimo livello degli artisti.

In seguito, DANIELE SEPE, ha dato via a due ore di ottima musica e ben presto gli spettatori hanno riempito il piazzale antistante la Facoltà di Scienze cantando e ballando al ritmo del cantautore partenopeo.

Il tutto è stato seguito dalla consueta presenza dei nostri stand gastronomici e delle associazioni locali e nazionali (Emergency, Avis, Terra!, Amnesty…) che hanno contribuito in modo determinante a dar vita alla bella serata appena trascorsa.  Infatti, tra una canzone e l'altra, gran parte della folla ha assaporato i nostri panini, divorato gli ormai tradizionali arrosticini di pecora e prosciugato le nostre riserve di birra fresca!!

Insomma… anche se è stata una grande fatica (abbiamo finito di ripulire alle 5.30 della mattina) siamo molto soddisfatti della serata che siamo riusciti a preparare e a offrire a tutti gli studenti!

E come sempre… al PROSSIMO ANNO!!!

XVII Edizione GulliveRock

Ci siamo quasi e il Gulliverock giungerà alla XVII edizione. 

La data del concerto è fissata per il 25 giugno e anche quest'anno l'esibizione dei gruppi emergenti universitari si svolgerà presso la Facoltà di Ingegneria di Ancona. La formula sarà quella consolidata con i 4 gruppi universitari che hanno vinto la competizione e che apriranno la serata all'ospite d'onore.
Nello specifico i gruppi sono:

Sound of Blue

Jam Break

Vicarus

Nipples

Quest'anno la scelta del gruppo principale è caduta sul Musicista e autore partenopeo Daniele Sepe.
Daniele Sepe e la sua band hanno dedicato gran parte della sua attività nella ricerca e nella rielaborazione della musica tradizionale di tutto il mondo a volte rivisitandola e a volte cercando di riprenderla nel suo aspetto originario.

Una novità importante tuttavia è che, grazie al parziale contributo dell'Assessorato alle Politiche Giovanili del Comune di Ancona, i gruppi universitari vincitori avranno la possibilità di registrare un intero Cd in uno studio professionale.

Abbiamo chiesto a Carlo Cotichelli, attuale Presidente dell'ACU Gulliver perchè proprio un musicista come Sepe.

Carlo Cotichelli: "Sepe ha fatto una scelta, quella di restare immune dall'influenza della grande distribuzione organizzata, che in questo momento è anche la nostra. Il mercato discografico tradizionale in Italia è, ormai da tempo, un oligopolio. Fortunatamente si stanno affermando nuovi canali di distribuzione e promozione che stanno prendendo forma su Internet. Per questo, in prospettiva, quello che più preoccupa è che anche nel mercato degli spettacoli musicali dal vivo, in questi ultimi anni, si stanno innalzando barriere simili: gli artisti restano sempre più chiusi nei circuiti promozionali, si esibiscono nei locali e per le agenzie che riescono a garantire loro una data ogni qual volta hanno un disco da promuovere, applicano un prezzo spesso maggiorato a chi, come noi, non ha questa possibilità.

In altre parole diventa sempre più costoso e quindi difficile organizzare un evento musicale al di fuori dei soliti locali o senza l'intermediazione delle agenzie territoriali.

A questa tendenza rispondiamo con la scelta di un musicista che  proporrà uno spettacolo diverso dagli standard promozionali: concerti identici per tutte le date. Speriamo che l'esibizione della Band di Daniele Sepe comunichi ai gruppi universitari che apriranno il concerto la passione per la musica. Siamo convinti che solo il un rapporto diretto con il pubblico può far crescere negli anni la capacità di un artista di dare emozioni sempre nuove e originali.

Il Mercato Musicale

“A un passo dal lavoro”

Il giorno 24 Giugno 2008 dalle ore 09:45 alle ore 13:00 presso la Facoltà di Economia e Commercio di Ancona, si terrà l'iniziativa "A UN PASSO DAL LAVORO", organizzata dalla Camera di Commercio di Ancona in collaborazione con l'Università Politecnica delle Marche, riservata a giovani laureandi/laureati dell’Ateneo.
L’incontro intende fornire indicazioni utili in grado di agevolare l’ingresso nel mondo del lavoro attraverso l’acquisizione di strumenti e metodi per condurre in autonomia una ricerca attiva delle opportunità, mirata ed efficace rispetto al proprio obiettivo professionale.
 
Nel corso della mattinata si svolgeranno tre seminari, in contemporanea, che affronteranno il tema della ricerca attiva del lavoro fornendo degli spunti differenti.
 
I laureandi/laureati che intendano partecipare dovranno iscriversi all'iniziativa indicando il seminario prescelto.
 
In allegato troverete il programma della giornata e la scheda di partecipazione.
 

Per maggiori informazioni visitate Il link

Berlusconi ha riaperto la sua personale “guerra” contro i magistrati

Evitare una condanna mentre è a palazzo Chigi. Non correre "un inutile rischio" nella consapevolezza che i magistrati del processo Mills "stanno fissando un'udienza a settimana" e che molto probabilmente l'esito del procedimento, previsto per settembre, non sarebbe favorevole.

http://www.canisciolti.info/news_dettaglio.php?id=14825

 

Silvio Berlusconi ha riaperto la sua personale 'guerra' contro i magistrati. "Vogliono la mia fine, ma io non lo permetterò" è stata la parola d'ordine con la quale il presidente del Consiglio è tornato in trincea contro le toghe. Da qui la decisione di presentare un emendamento al decreto sicurezza che consente di bloccare i processi meno gravi per un anno. Primo atto per arrivare al vero obiettivo: una legge che ricalchi il cosiddetto lodo Schifani che 'congela' i procedimenti per le alte cariche dello Stato per tutto il periodo del loro mandato.

Una scelta che non potrà non avere conseguenze pesanti nel dialogo con l'opposizione. A sentire chi racconta le ore di questo ultimo week end, Berlusconi ha infittito una volta di più i suoi contatti e ha consultato alleati, consiglieri e avvocati. Spiegano anche che per un momento il Cavaliere sia stato tentato dal lasciar perdere la norma blocca-processi. Un po' per sfida ("non hanno niente, non mi possono condannare") un po' per non gettare alle ortiche il filo del dialogo finora tenuto in vita con il Partito democratico. Come sempre, sarebbe stato Gianni Letta a invitare il premier a evitare uno scontro frontale, a consigliare maggiore prudenza. Ma sul Cavaliere alla fine ha prevalso la consulenza-consiglio del suo avvocato Niccolò Ghedini che gli avrebbe fatto notare che quello di una condanna era un rischio troppo grosso, che non si poteva correre.

In cuor suo Berlusconi non avrebbe voluto la prova di forza. Ma quando il barometro di Milano ha cominciato a volgere al cattivo tempo ha capito che il dado era tratto. L'accelerazione imposta dai giudici di Milano che hanno in cura il processo Mills è suonata sinistra (in senso lato…). Alcuni atteggiamenti delle toghe sono stati percepiti, viene spiegato "fin troppo zelanti" quasi provocate "da poca serenità" che nella cerchia del Cavaliere non è stata percepita come foriera di buone notizie.

Da qui la decisione di fugare ogni dubbio e di scegliere la strada di una sospensione che mette al riparo da ogni tiro mancino. Almeno finché si è a palazzo Chigi. Poi, tra qualche mese, interverrà il 'lodo' capace di impedire il processo per le alte cariche e la partita sarà definitivamente regolata.

D'altra parte, viene spiegato, Berlusconi sarebbe riuscito a superare anche le perplessità degli alleati. Da An è arrivato un sostanziale sì, sebbene qualche dubbio ci sia sulla tempistica dell'operazione. Alla Lega, che pure pubblicamente aveva fatto filtrare i suoi dubbi, il Cavaliere e il suo entourage avrebbero fatto notare che un'eventuale condanna del premier sarebbe ricaduta sull'intero governo, non solo su chi lo guida. E poi c'è il precedente del 'lodo Schifani', poi bocciato dalla Consulta, allora votato e difeso da tutta la coalizione, Lega compresa. Alla fine Roberto Maroni avrebbe dato un sostanziale placet a questo uno-due del premier per fermare i processi, ma con una solo 'paletto'.

"Questa volta – avrebbe detto il titolare dell'Interno – si fa tutto alla luce del sole". Anche da qui sarebbe derivata la scelta del presidente del Consiglio di 'intestarsi' direttamente l'operazione e mettere nero su bianco, in una lettera inviata al presidente del Senato Renato Schifani, non solo la difesa dell'emendamento blocca-processi ma anche il progetto di far varare dal Consiglio dei ministri una legge che ricalchi il famoso lodo. Ci sono tuttavia da superare i rilievi della Consulta e bisogna evitare 'sbavature' che portino a nuovi dubbi di costituzionalità. Per questo il lavoro sul nuovo testo prosegue certosino, con la solita super visione di Ghedini. Il ddl, viene spiegato, potrebbe essere pronto entro luglio. Tanto nel frattempo i processi del premier saranno comunque bloccati per un anno.

Le tre figure nell’attuale scenario politico

Domenica, 15 giugno 2008

Il soldato come questurino, il giudice come chierico, il giornalista come laudatore… Le tre figure di questo scenaio politico nell'editoriale di Scalfari.

http://www.articolo21.info/notizia.php?id=6926

 

La parrucca del re sole

(Eugenio Scalfari, Repubblica)

 

«Berlusconi vuole dimostrare che per governare la crisi italiana è costretto per necessità a separare lo Stato dal diritto. Come se il Paese attraversasse una terra di nessuno. Il soldato come questurino, il giudice come chierico, il giornalista come laudatore: sono le tre figure di una scena politica che minaccia di trasformare il senso della nostra forma costituzionale. Sono i fantasmi di un tempo sospeso dove il governo avrà più potere e il cittadino meno diritti, meno sicurezza, meno garanzie». Così ha scritto ieri Giuseppe D´Avanzo su questo giornale.
Purtroppo questo suo giudizio fotografa esattamente la realtà. Non sarà fascismo, ma certamente è un allarmante "incipit" verso una dittatura che si fa strada in tutti i settori sensibili della vita democratica, complici la debolezza dei contropoteri, la passività dell´opinione pubblica e la sonnolenta fragilità delle opposizioni.
Questa sempre più evidente deriva democratica, che si è profilata fin dai primi giorni della nuova legislatura ed è ormai completamente dispiegata davanti ai nostri occhi, ha trovato finora il solo argine del capo dello Stato. Giorgio Napolitano sta impersonando al meglio il suo ruolo di custode della Costituzione. L´ha fatto con saggezza e fermezza, dando il suo consenso alle iniziative del governo quando sono state dettate da necessità reali come nella crisi dei rifiuti a Napoli, ma lo ha negato nei casi in cui le emergenze erano fittizie e potevano insidiare la correttezza dei meccanismi costituzionali. Sarebbe tuttavia sbagliato addossare al presidente della Repubblica il peso esclusivo di arginare quella deriva: se la dialettica si riducesse soltanto al rapporto tra il Quirinale e Palazzo Chigi la partita non avrebbe più storia e si chiuderebbe in brevissimo tempo. Bisognerà dunque che altre forze e altri poteri entrino in campo.
Bisogna denunciare e fermare la militarizzazione della vita pubblica italiana della quale l´esempio più clamoroso si è avuto con i provvedimenti decisi dal Consiglio dei ministri di venerdì sulla sicurezza e sulle intercettazioni: due supposte emergenze gonfiate artificiosamente per distrarre l´attenzione dalle urgenze vere che angustiano gran parte delle famiglie italiane.
E´ la prima volta che l´Esercito viene impegnato con funzioni di pubblica sicurezza. Quando fu assassinato Falcone e poi, a breve distanza di tempo, Borsellino, contingenti militari furono inviati in Sicilia per presidiare edifici pubblici alleviando da quelle mansioni la Polizia e i Carabinieri affinché potessero dedicarsi interamente alla lotta contro una mafia scatenata.
Ma ora il ruolo che si vuole attribuire alle Forze Armate è del tutto diverso: pattugliamento delle città con compiti di pubblica sicurezza e quindi con poteri di repressione, arresto, contrasti a fuoco con la delinquenza.
Che senso ha un provvedimento di questo genere? Quale utilità ne può derivare alle azioni di contrasto contro la malavita? La Polizia conta ben oltre centomila effettivi, altrettanti ne conta l´Arma dei carabinieri e altrettanti ancora la Guardia di finanza. Affiancare a queste forze imponenti un contingente di 2.500 soldati è privo di qualunque utilità.
Se il governo si è indotto ad una mossa tanto inutile quanto clamorosa ciò è avvenuto appunto per il clamore che avrebbe suscitato. Tanto grave è l´insicurezza delle nostre città da render necessario il coinvolgimento dell´Esercito: questo è il messaggio lanciato dal governo. E insieme ad esso l´eccezionalità fatta regola: si adotta con una legge ordinaria una misura che presupporrebbe la dichiarazione di una sorta di stato d´assedio, di pericolo nazionale.
Un provvedimento analogo fu preso dal governo Badoglio nei tre giorni successivi al 25 luglio del ´43 e un´altra volta nel ´47 subito dopo l´attentato a Togliatti. Da allora non era più avvenuto nulla di simile: la Pubblica sicurezza nelle strade, le Forze Armate nelle caserme, questa è la normalità democratica che si vuole modificare con intenti assai più vasti d´un semplice quanto inutile supporto alla Pubblica sicurezza.
* * *
Il disegno di legge sulle intercettazioni parte dalla ragionevole intenzione di tutelare con maggiore efficacia la privatezza delle persone senza però diminuire la capacità investigativa della magistratura inquirente.
Analoghe intenzioni avevano ispirato il ministro della Giustizia Flick e dopo di lui il ministro Clemente Mastella, senza però che quei provvedimenti riuscissero a diventare leggi per la fine anticipata delle rispettive legislature.
Adesso presumibilmente ci si riuscirà ma anche in questo caso, come per la sicurezza, il senso politico è un altro rispetto alla «ragionevole intenzione» cui abbiamo prima accennato. Il senso politico, anche qui, è un´altra militarizzazione, delle Procure e dei giornalisti.
Le Procure. Anzitutto un elenco dei reati perseguibili con intercettazioni. Solo quelli, non altri. E´ già stato scritto che lo scandalo di Calciopoli non sarebbe mai venuto a galla senza le intercettazioni. Così pure le scalate bancarie dei "furbetti". Ma moltissimi altri. Per chiudere sul peggiore di tutti: la clinica milanese di Santa Rita, giustamente ribattezzata la clinica degli orrori.
Le intercettazioni poi non possono durare più di tre mesi. Non c´è scritto se rinnovabili e dunque se ne deduce che rinnovabili non saranno. Cosa Nostra, tanto per fare un esempio, è stata intercettata per anni e forse lo è ancora. Tre mesi passano in un "fiat", lo sappiamo tutti.
I giornalisti e i giornali. C´è divieto assoluto alla pubblicazione di notizie fin all´inizio del dibattimento. Il deposito degli atti in cancelleria non attenua il divieto. Perché? Se le parti in causa o alcune di esse vogliono pubblicizzare gli atti in loro possesso ne sono impedite. Perché? Non si invochi la presunzione di innocenza poiché se questa fosse la motivazione del divieto bisognerebbe aspettare la sentenza definitiva della Cassazione. Dunque il motivo della secretazione è un altro, ma quale?
In realtà il divieto non è soltanto contro giornali e giornalisti ma contro il formarsi della pubblica opinione, cioè contro un elemento basilare della democrazia. Il caso del Santa Rita ha acceso un dibattito sull´organizzazione della Sanità, sul ruolo delle cliniche convenzionate rispetto al Servizio sanitario nazionale. Dibattito di grande rilievo che potrebbe aver luogo soltanto all´inizio del dibattimento e cioè con il rinvio a giudizio degli imputati. L´eventuale archiviazione dell´istruttoria resterebbe ignota e così mancherebbe ogni controllo di opinione sul motivo dell´archiviazione e su una possibile critica della medesima. Così pure su possibili differenze di opinione tra i magistrati inquirenti e l´ufficio del Procuratore capo, sulle avocazioni della Procura generale, su mutamenti dei sostituti assegnatari dell´inchiesta. Su tutti questi passaggi fondamentali la pubblica opinione non potrebbe dire nulla perché sarebbe tenuta all´oscuro di tutto.
Sarà bene ricordare che il maxi-processo contro "Cosa Nostra" fu confermato in Cassazione perché fu cambiato il criterio di assegnazione dei processi su iniziativa del ministro della Giustizia dell´epoca, Cla udio Martelli, allertato dalla pressione dei giornali in allarme per le pronunce reiterate dell´allora presidente di sezione, Carnevale. Tutte queste vicende avvennero sotto il costante controllo della stampa e della pubblica opinione allertata fin dalla fase inquirente. Falcone e Borsellino non erano giudici giudicanti ma magistrati inquirenti. Mi domando se avrebbero potuto operare con l´efficacia con cui operarono senza il sostegno di una pubblica opinione esaurientemente informata.
Le gravi penalità previste da questa legge nei confronti degli editori costituiscono un gravame del quale si dovrebbero attentamente valutare gli effetti sulla libertà di stampa. Esso infatti conferisce all´editore un potere enorme sul direttore del giornale: in vista di sanzioni così gravose l´editore chiederà a giusto titolo di essere preventivamente informato delle decisioni che il direttore prenderà in ordine ai processi. Di fatto si tratta di una vera e propria confisca dei poteri del direttore perché la responsabilità si sposta in testa al proprietario del giornale.
Si militarizza dunque il giudice, il giornalista ed anche la pubblica opinione.
* * *
Ha ragione il collega D´Avanzo nel dire che questi provvedimenti stravolgono la Costituzione. Identificano di fatto lo Stato con il governo e il governo con il "premier". Se poi si aggiunge ad essi il famigerato lodo Schifani, cioè il congelamento di tutti i processi nei confronti delle alte cariche dello Stato, l´identificazione diventa totale.
Qui il nostro discorso arriva ad un punto particolarmente delicato e cioè al tema dell´opposizione parlamentare.
Parlo di tutte le opposizioni politiche. Ma in particolare parlo del Partito democratico.
Negli ultimi giorni il Pd e Veltroni quale leader di quel partito hanno assunto su alcune questioni di merito atteggiamenti di energica critica nei confronti del governo. La luna di miele di Berlusconi è ancora in pieno corso con l´opinione pubblica e con la maggior parte dei giornali ma è già svanita in larga misura con il Partito democratico. Salvo un punto fondamentale, più volte ribadito da Veltroni: il dialogo deve invece continuare sulle riforme istituzionali e costituzionali.
E´ evidente che questa "riserva di dialogo" condiziona inevitabilmente il tono complessivo dell´opposizione. Le riforme istituzionali e costituzionali sono di tale importanza da trasformare in "minimalia" i contrasti di merito su singoli provvedimenti. Tanto più che Tremonti chiede all´opposizione di procedere «sottobraccio» per quanto attiene alla strategia economica; ecco dunque un´ulteriore "riserva di dialogo". Sembrerebbe, questa, una novità a tutto vantaggio dell´opposizione ma non è così. La politica economica italiana dovrà svolgersi nei prossimi anni sotto l´occhio vigile delle Autorità europee. Che ci piaccia o no, noi siamo di fatto commissariati da Bruxelles.
Tremonti dovrà assumere responsabilità impopolari. Necessarie, ma impopolari e vuole condividere con l´opposizione quell´impopolarità.
Intanto, nel merito delle riforme, Berlusconi procede come si è detto e visto, alla militarizzazione del sistema. "L´Etat c´est moi" diceva il Re Sole e continuarono a dire i suoi successori fin quando scoppiò la rivoluzione dell´Ottantanove.
Voglio qui ricordare che uno dei modi, anzi il più rilevante, con il quale l´identificazione dello Stato con la persona fisica del Re si realizzò fu l´asservimento dei Parlamenti al volere della Corona. Gli editti del Re per entrare in vigore avevano bisogno della registrazione dei Parlamenti e soprattutto di quello di Parigi. Questa era all´epoca la sola separazione di poteri concepita e concepibile. Ma il re aveva uno strumento a sua disposizione: poteva ordinare ai Parlamenti la registrazione dell´editto. Di fronte all´ordine scritto del Sovrano il Parlamento registrava "con riserva" e l´editto entrava in funzione. Di solito quest´ordine veniva dato molto di rado ma col Re Sole e con i suoi successori diventò abituale. Quando i Parlamenti si ribellarono ostinandosi a non obbedire il Re li sciolse. Il corpo del Re prevalse sulla labile democrazia del Gran Secolo.
Il Re Sole. Ma qui il sole non c´è. C´è fanghiglia, cupidigia, avventatezza, viltà morale. Corteggiamento dell´opposizione. Montaggio di paure e di pulsioni. Picconamento quotidiano della Costituzione.
Quale dialogo si può fare nel momento in cui viene militarizzato il Paese nei settori più sensibili della democrazia? Il Partito democratico ha un solo strumento per impedire questa deriva: decidere che non c´è più possibilità di dialogo sulle riforme per mancanza dell´oggetto. Se lo Stato viene smantellato giorno per giorno e identificato con il corpo del Re, su che cosa deve dialogare il Pd? E´ qui ed ora che il dialogo va fatto, la militarizzazione va bloccata. Le urgenze e le emergenze vanno trasferite sui problemi della società e dell´economia.
«In questo nuovo buon clima si può fare molto e molto bene» declama la Confindustria di Emma Marcegaglia. Qual è il buon clima, gentile Emma? Quello dei pattuglioni dei granatieri che arrestano gli scippatori e possono sparare sullo zingaro di turno? Quello dell´editore promosso a direttore responsabile? Quello del magistrato isolato da ogni realtà sociale e privato di «libero giudizio»? Quello dei contratti di lavoro individuali? E´ questo il buon clima?
Ricordo che quando furono pubblicati "on line" gli elenchi dei contribuenti ne nacque un putiferio. Il direttore dell´Agenzia delle Entrate, autore di tanto misfatto, fu incriminato e si dimise. Ma ora il ministro Brunetta pubblica i contratti di tutti i dirigenti pubblici e le retribuzioni di tutti i consulenti e viene intensamente applaudito e incoraggiato. Anch´io lo applaudo e lo incoraggio come ho applaudito allora Visco e Romano. Ma perché invece due pesi e due misure? La risposta è semplice: per i pubblici impiegati si può.
E´ questo il buon clima? Attenti al risveglio, può essere durissimo. Può essere il risveglio d´un paese senza democrazia. Dominato dall´antipolitica. Dall´anti-Europa. Dall´anarchia degli indifferenti e dalla dittatura dei furboni.
Io trovo che sia un pessimo clima.

Tracce radioattive in un carico di rifiuti a Savignano Irpino

Tracce radioattive sono state trovate in un carico di rifiuti che doveva essere conferito nella discarica di Savignano Irpino.

Il carico, ha reso noto la struttura del sottosegretario Guido Bertolaso, è stato immediatamente isolato e riportato nel sito di trasferenza per essere smaltito in appositi impianti. Il sottosegretario ha anche avviato una procedura per risalire ai responsabili del deposito illegale, presentando una denuncia all'autorità giudiziaria. 

www.corriere.it

 

CARICO – Le tracce radioattive, sottolineano a Savignano Irpino, sono state rilevate «grazie alla capillare capacità di controllo di tutte le componenti che operano presso la discarica, forze dell'ordine, vigili del fuoco ed esercito». Nel carico infatti sono stati trovati alcuni rifiuti di origine ospedaliera su cui sono state rilevate le tracce di una «lieve anomalia radioattiva». «È bene evidente – proseguono dalla struttura di Bertolaso – che i rifiuti ospedalieri devono essere smaltiti, come previsto dalla legge, attraverso una filiera completamente diversa da quella prevista per i rifiuti solidi urbani. L'episodio di oggi conferma, dopo quelli dei giorni scorsi, l'accuratezza dei controlli per garantire il totale rispetto delle norme per il materiale che viene conferito nelle discariche».

 

I CONTROLLI FUNZIONANO – Dalle prime ricostruzioni sembra che i rifiuti radioattivi siano di provenienza ospedaliera: si tratta forse di scarti di Iodio 131, come nel caso riscontrato nei giorni scorsi nei treni speciali giunti in Germania. «Abbiamo dimostrato che i controlli funzionano – spiegano dallo staff di Bertolaso – ed è un segnale di tranquillità per le popolazioni che vivono vicino alla discarica. Si conferma la necessità e la bontà dei controlli effettuati a Savignano Irpino a tutela e garanzia delle normative sullo smaltimento dei rifiuti».

 

I COMITATI – «Il carico radioattivo ritrovato mentre andava nella discarica appena aperta a Savignano dimostra tutto il pericolo che questo piano rifiuti rappresenta per la nostra regione». È quanto affermano in una nota i comitati in difesa delle cave di Chiaiano e Marano. «Se da un lato – si sottolinea – c'è la gestione illegale dei rifiuti che può portare a situazioni come quella di oggi, dall'altro c'è il decreto governativo che legalizza lo sversamento della gran parte dei rifiuti tossici (fanghi chimici, ceneri pesanti ecc) per fare della Campania lo sversatoio a basso prezzo dell'industria settentrionale. Per questo è vitale perseguire modelli alternativi, praticabili e richiesti dalla stessa Unione Europea». «Nei prossimi giorni – si conclude la nota – si intensificheranno le nostre iniziative per difendere la Selva di Chiaiano che è un patrimonio di Chiaiano, Marano e Mugnano, ma anche di tutta la città di Napoli».

 

FERMATI DUE TIR – Ma i problemi ambientali in Campania non arrivano solo dallo smaltimento legale dei rifiuti, ma soprattutto da quello abusivo. Quaranta quintali di rifiuti pericolosi, destinati alla Campania perchè fossero smaltiti illecitamente, sono infatti stati sequestrati dai carabinieri della Compagnia di Montella (Avellino). Il carico era trasportato da due tir provenienti dalla provincia di Foggia e diretti in Alta Irpinia. Per sfuggire ai controlli i due conducenti, entrambi pregiudicati e residenti a Cerignola (Foggia), stavano transitando sulla dismessa statale dell'Ofantina, quando sono stati fermati ad un posto di blocco. I due autisti non hanno voluto fornire spiegazioni sul carico: sono stati individuati materiale ferroso, batterie esaurite, profilati di eternit, scarti di rame. I due trasportatori sono stati denunciati in stato di libertà all'autorità giudiziaria per trasporto e smaltimento illecito di rifiuti. Negli ultimi mesi, il comando provinciale dei carabinieri ha sequestrato circa 70 mila metri cubi di rifiuti pericolosi e ha denunciato 50 persone, molte delle quali con numerosi precedenti penali, originarie delle province di Caserta, Salerno e Napoli.

Come funziona l’Auditel®

Più persone guardano un programma e più la pubblicità paga in termini economici, seguendo la logica perversa e deleteria dell’audience! Ormai questo termine è diventato così familiare che è entrato nel nostro bagaglio culturale: ma cosa significa esattamente audience? Il dizionario inglese la definisce come «le persone alla portata di orecchio», per via della sua radice latina, ma anche «spettatori» e «uditorio». In termini pubblicitari, e cioè l’ambito che interessa noi e loro, l’audience è l’insieme della popolazione (spettatori) che viene raggiunta dal mezzo televisivo in un determinato periodo di tempo: quindi, una vera e propria unità di misura (spettatori per tempo) messa a disposizione dai pubblicitari per i loro loschi intrallazzi commerciali. Tutto ruota attorno alla raccolta pubblicitaria, che ci piaccia o meno.

http://www.disinformazione.it/auditel3.htm

 

In passato la “tivù” di Stato usufruiva di un “Servizio Opinioni” che aveva la funzione di stabilire il gradimento e la partecipazione degli spettatori, in pratica si occupava di controllare la qualità stessa degli spettacoli trasmessi. La forte pressione economica delle pubblicità, delle “tivù” private (Fininvest in primis), e la concorrenza a volte sleale di queste ultime, hanno profondamente cambiato tale sistema, passando dall’indice qualitativo a quello quantitativo. Una svolta notevole che ha rivoluzionato tutto il sistema radio-televisivo. Da quel momento in poi, infatti, non è importante se alla gente piace o meno un programma, è importante che lo si guardi e basta!  

Nasce a questo punto (esattamente nel 1986, grazie un patto stretto tra la Rai, la Fininvest e l’UPA, gli utenti della pubblicità) il più ridicolo e fittizio sistema di controllo nelle mani del potere economico: l’Auditel®. Una società privata («in regime di monopolio»1) nelle mani delle seguenti società: Rai Spa, Utenti e pubblicità, Agenzie e Centri media, ed editori FIEG.2 I numeri che trasmette attraverso rivelazioni giornaliere (minuto per minuto), vengono interpretati con devozione quasi avessero facoltà divine, e infatti è proprio così: possono creare una carriera o distruggerla, modificare un intero palinsesto e muovere miliardi e miliardi di euro! Un potere enorme.  
Il problema, come al solito, è che anche in questo caso abbiamo a che fare non con dati reali ma con banali e spesso erronee proiezioni statistiche. Non ci credete? Bene, allora dovete sapere che i dati dell’Auditel® vengono raccolti su un campione di 5.101 famiglie3meter4. (consapevoli ovviamente di esserlo), distribuite nell’intero paese, a cui sono stati consegnati dei telecomandi molto particolari e un

Con questi telecomandi speciali (più o meno uno per ogni costituente, dal capofamiglia al figlio piccolo, per un totale di circa 14.000 persone), e attraverso il meter, è possibile sapere cosa effettivamente stanno guardando in televisione in ogni momento, e da questo carpire le preferenze del piccino il pomeriggio, della mamma alla mattina e magari del papà in piena notte, per esempio.  
I dati raccolti, tra le 2 e le 5 del mattino, vengono inviati attraverso la linea telefonica al centro di elaborazione dati della AGB-Italia che elabora e analizza le preferenze degli utenti. Tali preferenze, o meglio pseudo-preferenze, sono del tutto approssimative e imprecise, perché non è possibile impedire a una persona l’uso di più telecomandi (il papà, per esempio, potrebbe usare quello del figlio di notte e viceversa), falsando di conseguenza i risultati; per non parlare poi degli errori grossolani da parte della stessa Auditel®: canali sintonizzati e orari di utilizzo errati.

Non stupiscono, allora, le numerose denunce d’inaffidabilità5, e il tentativo, dichiarato dal direttore dell’Auditel®, di migliorare il sistema modificando le classi socio-economiche delle famiglie campione che partecipano al rilevamento. Avete capito?  
Quando, allora, gli addetti ai lavori si gongolano parlando di un programma che ha fatto il 50% di share (cioè la metà delle televisioni in Italia) si riferiscono – e nessuno lo sottolinea – non a decine di milioni di televisioni, ma semplicemente alla metà del campione Auditel®, e quindi a poco più di 2.500 famiglie! Chiaro il giochetto?

 

E’ una bella differenza paragonare 15.000.000 di televisioni a 2.500, o sbaglio? 

Questa è l’ennesima presa per i fondelli! Usano un insignificante campione di poche migliaia di persone e statisticamente lo fanno diventare rappresentativo dell’Italia intera. Ma la realtà è che non rappresenta alcunché, e questo i “signori della truffa” lo sanno perfettamente, ma fanno finta di niente continuando a fregarci con dati, tabelle e indici. E tutti ci cascano come degli allocchi, noi spettatori e soprattutto le aziende che investono miliardi in pubblicità televisiva. Si spendono fiumi di soldi in funzione di un dato irreale e sicuramente manipolabile: chi, infatti, può garantire l’onestà di questi dati così importanti?

Trattato di Lisbona: L’Europa dei banchieri, l’Europa dei popoli

L’Europa dei banchieri, l’Europa dei popoli

Sarà un caso ma nell’unico Paese in cui i cittadini sono stati chiamati a pronunciarsi riguardo al Trattato di Lisbona, hanno prevalso i NO, sancendo di fatto una sonora bocciatura per l’Europa dei banchieri e dei burocrati che per la seconda volta, come accaduto nel 2005 dopo il voto negativo di francesi ed olandesi riguardo alla Costituzione, si trova costretta a tornare sui suoi passi, mancando l’unanimità necessaria per approvare il documento.

http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2581

Per saperne di più sul trattato di Lisbona:

http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=2553

 

Gli esiti del referendum in Irlanda, che dimostrano in maniera inequivocabile quale abisso siderale separi ormai l’Europa dei popoli dall’Europa in doppiopetto seduta sugli scranni di Bruxelles, preoccupano profondamente larga parte della classe politica che tentava con l’inganno di calare sulla testa dei cittadini un trattato assai discutibile e dai molti punti oscuri.

Una preoccupazione così evidente da indurre molti personaggi ad esternazioni assai poco ponderate, come nel caso del Presidente Giorgio Napolitano …

… che contrariato per il nuovo stop è arrivato ad affermare: ”È l'ora di una scelta coraggiosa da parte di quanti vogliono dare coerente sviluppo alla costruzione europea, lasciandone fuori chi – nonostante impegni solennemente sottoscritti – minaccia di bloccarli”, dimostrando in modo inequivocabile quanto spirito democratico alligni nell’anima del nostro Presidente che già in passato si era distinto per avere dichiarato che “la piazza non è il sale della democrazia”.

A preoccupare invece fortemente chiunque abbia a cuore i valori della democrazia è la mistificazione messa in atto dai grandi gruppi di potere economico e politico, volta a far si che tutti gli altri 26 Paesi europei, fra i quali l’Italia, a differenza dell’Irlanda, avessero approvato o fossero sul punto di approvare il trattato di Lisbona senza prima avere avviato alcuna consultazione dei propri cittadini, nell’evidente intento di evitare ogni ostacolo che potesse mettere a repentaglio l’incedere del loro progetto. Un progetto volto ad incrementare la competizione e la precarietà a detrimento dei diritti sociali, ispirato al liberismo più sfrenato e finalizzato a costruire un’Europa sempre più lontana dai suoi cittadini e sempre più vicina agli interessi delle corporation e dell’alleato americano che detta le regole e pretende rinnovato impegno in campo militare.

Difficile immaginare che la cocente sconfitta determinata dai risultati del referendum irlandese possa indurre l’oligarchia che governa l’Europa a desistere dall’applicazione di un modello funzionale ai suoi interessi, poiché tale modello sarà riproposto ed imposto comunque con ogni mezzo.

Il voto dell’Irlanda resta però di estrema importanza perché rimarca l’esistenza di un’Europa dei popoli che ha ben altri programmi, con la quale banchieri, politicanti e faccendieri saranno comunque prima o poi costretti a confrontarsi.

Marco Cedolin

Vittime del Pet-coke a Taranto

Dopo il sequestro delle sedicimila tonnellate di Pet-coke da parte dei Carabinieri del NOE di Lecce all'interno dello Stabilimento ILVA, a Taranto ci si chiede quanto sia pericolosa questa sostanza. 

http://www.peacelink.it/ecologia/a/24383.html

Riporto un po' anche per far riflettere il link di un articolo del 2005 de La Repubblica che titolava:

"Gela, nella città dei veleni record di bimbi malformati"

http://www.repubblica.it/2005/g/sezioni/cronaca/gela/gela/gela.html

Il pet-coke, secondo la definizione industriale, è un prodotto che si ottiene dal processo di condensazione di residui petroliferi pesanti e oleosi fino ad ottenere un residuo di consistenza diversa, spugnosa o compatta.

In sostanza il pet-coke è l'ultimo prodotto delle attività di trasformazione del petrolio e viene considerato lo scarto dello scarto dell'oro nero tanto da guadagnarsi il nome di "feccia del petrolio".

 

Per la sua composizione – comprendente oltre ad IPA (in particolare benzopirene), ossidi di zolfo e metalli pesanti come nichel, cromo e vanadio – va movimentato con cura per evitare di sollevare polveri che verrebbero inalate con gravi rischi per la salute. Il trattamento infatti (carico, scarico e deposito) del Pet-coke deve seguire le regole dettate dal decreto del Ministero della Sanità (28-4-1997) concernente il trasporto di sostanze pericolose.

L'Osha, ente statunitense per la sicurezza sul lavoro, ha fissato un limite di esposizione che non va mai superato in quanto è alta la probabilità che causi danni permanenti o la morte. Per questi motivi per esempio l'utilizzo del pet-coke è stato vietato in Giordania. L'Eni brucia il Pet-coke nella raffineria di Gela. L'uso del Pet-coke ha suscitato interrogativi sulla possibile correlazione con le malformazioni e i tumori numerosissimi nella popolazione locale. Nello stabilimento ENI di Gela i magistrati ravvisarono l'ipotesi di un "reiterato comportamento criminoso".

In Italia fino a qualche anno fa era vietato utilizzare il pet-coke come combustibile alternativo, ma ci ha pensato Berlusconi con il decreto legge 22 del 2002, poi convertito dalla legge 82 del 6 maggio 2002, a trasformare il pet-coke, molto nocivo secondo alcuni studi epidemiologici, in vero e proprio combustibile. Il decreto approvato corresse la classificazione del discusso materiale, fino ad allora considerato dalla legge Ronchi (passata sotto il primo Governo Prodi) come uno scarto tossico, confermò la tesi dell' Eni e annullò i rilievi dei periti della procura

Il Wwf intervenne dicendo che il decreto sul pet-coke diventato legge era basato su presupposti inventati ed in contrasto con la normativa europea sul riutilizzo dei sottoprodotti di lavorazione delle raffinerie e sull'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili. L'elusione della normativa sui rifiuti consente su tutto il territorio nazionale l'utilizzo di uno scarto di lavorazione ad alto tenore di zolfo, di idrocarburi policiclici aromatici e di metalli pesanti (nichel e vanadio), in qualsiasi bruciatore, anche nei cementifici, senza che vengano adottate le migliori tecnologie disponibili.

In pratica la "straordinaria necessità ed urgenza" che ha indotto a suo tempo il Governo all'emanazione del provvedimento legislativo riguardava il sequestro preventivo della raffineria ENI di Gela disposto dal Tribunale a causa della violazione delle normative vigenti a tutela dell'ambiente e della salute.

  Tornando a Gela, il coke da petrolio, quale residuo di produzione della raffineria, dopo il trattamento e lo stoccaggio, veniva inviato alla centrale termica per la produzione di energia, successivamente venduta all'Enel e ad altre società.

Eppure la magistratura di Gela aveva qualificato il coke come un rifiuto e quindi assoggettabile alla normativa sui rifiuti, di conseguenza la centrale termica collegata alla raffineria doveva rispettare i vincoli previsti per il funzionamento e le emissioni degli inceneritori e non la normativa disposta per le centrali elettriche alimentate con combustibili tradizionali.

Dopo nuove elezioni del 2001 a Palazzo Chigi arriva Silvio Berlusconi. La Sicilia è in subbuglio per il pet-coke e di concerto con il Ministro per i rapporti con le regioni La Loggia, insieme con il Ministro dell'Ambiente Matteoli, Berlusconi emana un decreto legge contenente "Disposizioni urgenti per l'individuazione della disciplina relativa all'utilizzazione del coke da petrolio negli impianti di combustione" per rasserenare gli animi… Così il pet-coke non risulta rifiuto tossico ma combustibile: miracolo! Lo sanno in tanti che è tossico, ma il governo gli ha cambiato i connotati, classificandolo come combustibile, utilizzabile quindi per alimentare il petrolchimico. I gelesi adesso "respirano" perché il pet-coke non è fuorilegge. Respirano veleno, come fanno da quarant'anni. Il decreto passa in parlamento mentre la città di Gela scioperava contro il sequestro della raffineria: la raffineria di Gela impiega circa tremila operai, l'economia di mezza città. L'ennesimo duro colpo ai sigilli della magistratura.

Il decreto del Governo Berlusconi definiva, considerato l'elevato livello tecnologico, la combustione di pet-coke nella centrale di Gela "ambientalmente" sicura in considerazione dell'importanza strategica di tale prodotto per l'occupazione e l'economia nazionale (dl 7 marzo 2002, n.22)

Nessuno, o quasi, mette in discussione l'Eni, che oggi è ancora più forte di prima. In merito all'aumento dei tumori a Gela, il Presidente della Raffineria Giorgio Lenzi, in occasione dell'incontro semestrale sull'attività del petrolchimico, ha fatto il punto sul piano di miglioramento ambientale dichiarando: «Se ci sono responsabilità accertate scientificamente, l'Eni è pronta a fare la sua parte»

Intanto, Silvio e l'ENI hanno perlomeno "legalizzato" l'inquinamento con il silenzio-assenso della sinistra e con la destra che in Sicilia non ha rivali.

 

Le problematica di Gela si è ovviamente riproposta in altri posti d'Italia come Gaeta, dove se porti di Napoli e di Salerno hanno da anni vietato l'arrivo di queste carboniere, Gaeta si e' trasformata in un vero e proprio centro di smistamento verso i depositi presenti nella provincia di Sessa destinati ad alimentare i cementifici delle province limitrofe. Anche qui c'è stato un blitz della Procura nel porto dove si scarica pet-coke e la faccenda continua ad animare le popolazioni locali.

Eppure nel 1991 la Capitaneria di Porto nel 1991 impose persino con due precise ordinanze l'uso di innaffiatori per evitare la sollevazione in aria del pulviscolo, il divieto di scarico in condizioni ventose e l'uso di contenitori o teli isolanti per evitare la fuoriuscita di materiale sulla banchina o nel bacino.

Le "emergenze pet-coke" non riguardano purtroppo soltanto Gela. In Sicilia, nell'isola delle Femmine, la Cementeria della Italacementi, la principale società italiana nel settore dei materiali da costruzione, utilizza questo combustibile nei cicli produttivi. Eppure l'utilizzo del pet-coke può essere consentito non con un semplice confronto sull'eventuale rispetto dei limiti di legge, ma con una valutazione completa, che tenga conto della localizzazione, delle tecnologie applicate, delle vocazioni del luogo, dello sviluppo dello stesso.

Di recente LA7 in un rotocalco ha proposto le immagini del cumulo a cielo aperto di pet-coke in località Raffo Rosso nell'Isola delle Femmine; lo stesso deposito confina con una vasta area considerata dalla Comunità Europea ad alta protezione ambientale. Il comitato cittadino "Isola Pulita" in un comunicato stampa si è chiesto come faranno i dirigenti dell'Assessorato Territorio Ambiente che dovranno elaborare il loro parere all'interno dell'istruttoria A.I.A. della Italcementi, sono gli stessi diri genti impegnati ad elaborare piani per la qualità dell'aria, che secondo informazioni di stampa e televisioni sembrano copiati totalmente da piani elaborati in precedenza dall'Assessorato Regione Veneto. Misteri della Politica.

Definiva Gela "una delle città più martoriate di un martoriato Mezzogiorno d'Italia" l'attuale Presidente della Regione Puglia, in una interrogazione parlamentare dai i banchi di rifondazione comunista. I fatti di Gela erano allora paragonabili, secondo Vendola, a quelli di Porto Marghera o in forme differenti a quelli di Brindisi, Manfredonia, Taranto e tante parti d'Italia, soprattutto del Mezzogiorno.

L'allora deputato Vendola prese posizione contro quel difficile conflitto tra le ragioni del lavoro e quelle dell'ambiente e della salute dei cittadini, con l'aggravante che a Gela 3.000 posti di lavoro rappresentavano tanta parte dell'economia di quella città.

Oggi il Presidente della Regione Puglia probabilmente rileggendo quella sua missiva sentirebbe il peso degli anni e della lotta. Di quella strana e anomala differenza fra attività di opposizione e di governo che sta al centro della vita democratica del nostro paese.

Nichi Vendola illustrava i successi della bonifica del distretto più industrializzato d'Europa, quello della Ruhr, dove si è stati in grado – senza perdere un posto di lavoro – di realizzare una bonifica straordinaria, anche in termini di riconversione industriale. Un sogno che Vendola rincorre ancora oggi con le bonifiche sui territori di Brindisi e Taranto devastati da decenni di industrialismo selvaggio.

Il Governo Berlusconi, secondo Vendola, all'epoca si rifugiò in un atto di copertura dell'ENI, emanando decreto di classificazione del pet-coke che smise improvvisamente di essere rifiuto per diventare combustibile. Un decreto che serviva semplicemente a formalizzare il prolungamento dell'agonia dello stabilimento di Gela.
"Una matassa veramente ingarbugliatissima di interessi e di beni che sono in gioco e che non dovrebbero essere posti in alternativa", in questo modo Vendola definiva la contraddittorietà dei plausi del mondo sindacale presente sul territorio che accoglieva con favore il provvedimento del Governo Berlusconi che stringeva la mano all'ENI che pur avendo disatteso gli interventi di risanamento che era tenuta a realizzare vinse una battaglia importantissima.

Nessuna richiesta di garanzia dei posto di lavoro per tutti i dipendenti diretti, per tutti i lavoratori dell'indotto e per tutti i dipendenti che sono da tempo a rischio di licenziamento; nessuna garanzia della retribuzione di fronte a una gravissima situazione che quei lavoratori che pagheranno anche con uno stillicidio di malattie tumorali; nessun impegno ad investire massicciamente in termini di bonifica ambientale e di lavoro ecocompatibile.

 

A Taranto invece a lanciare l'allarme è stato proprio il Sindaco Ezio Stefàno chiedendo all'Arpa Puglia di effettuare monitoraggi nei rioni Tamburi e Paolo VI.

Parallelamente la magistratura ha fatto scattare un'inchiesta, grazie ai carabinieri del Noe e all'Agenzia dogane. Le contestazioni della magistratura partono da un'indagine fiscale: circa seimila tonnellate di pet-coke, stoccate nell'Italcave sequestrate per presunte irregolarità.

La richiesta di del Sindaco deriva dalla notizia secondo la quale "per circa un decennio e solo fino a pochi giorni fa; numerosi autocarri sono stati adibiti giornalmente alla movimentazione del pet-coke dal porto al luogo di stoccaggio (l'Italcave, in territorio di Statte) e di qui alle varie cementerie dislocate nel Sud dell'Italia, prima fra tutte la Cementir di Taranto".

Eppure nel verbale di accordo sindacale fra la Cementir e i sindacati del 20 Marzo 2002, si parla di "salvaguardia degli impianti", le Parti concordano che le situazioni di conflittualità non devono compromettere la funzionalità e la vita tecnica degli stessi, dietro strani algoritmi si parla di incentivi e premi di produzione per gli operai ma nessuna parola riguardante il pet-coke, nemmeno un commento relativo all'impatto della sostanza sulla salute dei lavoratori.

In Puglia oltre alla Cementir ci sono altre 2 cementerie situate a Barletta e Galatina. Nella vicina Matera c'è una cementeria della Italcementi. Taranto quindi risulterebbe un porto hub per la movimentazione di una sostanza altamente cancerogena come il pet-coke.

Le dichiarazioni del Sindaco di Taranto e la notizia del sequestro tornano a generare preoccupazione fra le popolazioni. L'indagine giudiziaria è cominciata dalla scoperta di una partita di pet-coke proveniente dallo stabilimento gelese, transitata in Puglia e destinata alla commercializzazione estera. Per gli inquirenti, quel tipo di Pet-coke non sarebbe legale, superando la soglia del 6% di zolfo.

I Carabinieri del NOE di Lecce hanno sequestrato, presso uno stabilimento siderurgico di Taranto, circa 16.000 tonnellate di pet-coke. Si tratta di materiale importato dagli Stati Uniti e destinato alla miscelazione con carbone fossile per la produzione di coke siderurgico. Contestualmente, i militari hanno denunciato il legale rappresentante dello stabilimento per aver effettuato deposito di pet-coke su area priva di autorizzazione allo smaltimento nel sottosuolo di acque di dilavamento, per assenza di autorizzazione alle emissioni in atmosfera e per gestione illecita del rifiuto destinandolo ad un impiego diverso da quello previsto.

 

Ad oggi non è dato sapere in che termini si è discusso del pet-coke Ilva e se per caso qualcuno si è espresso contro il suo uso nella cokeria all'interno di un costituendo gruppo ristretto con funzioni istruttorie, nel quale si discute a porte chiuse. Tutto ciò non fa ben sperare la città di Taranto, la pubblicizzazione dei componenti di questo gruppo e del loro operato garantirebbe invece maggiore trasparenza ai cittadini di Taranto e all'intera Regione Puglia.

 

Adesso – in fase di rinnovo delle autorizzazioni ambientali (AIA) – istituzioni e organi tecnici dovrebbero fissare limiti precisi (ed "europei") per tutti gli inquinanti, pet-coke compreso: lo faranno?

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